i tentacoli dell'addobbo arso e scolorito misurano i bagliori del fondale . . . . . . . . . .
la folgore della ferita non può soccombere se la benda labile stende lenzuola . . . . . . . . . .
all'apice della salsedine la rugiada ruvida come al culmine del salmastro la rovina avida . . . . . . . . . .
assaporati i presagi della sillabazione nella steppa la greppia stroppia . . . . . . . . . .
l'ilarità del sillabario è la parola sillabario perché la parola ilarità è vicina alle esequie scoscese del sillabario . . . . . . . . . .
rabberciare la falda o lambire l'ombroso fluire incornicia d'ansia le ore dell'astioso sonno . . . . . . . . . .
che la piuma densa della fiamma ansimante che innaffia con oceano il seme di sequoia possa esentare il piombo dall'obbligo della trasparenza . . . . . . . . . .
la lama pare bussare dall'interno del forziere mentre dobloni agonizzanti ne ammuffano il velluto . . . . . . . . . .
da un gomitolo di fieno le schegge esortano il catrame a squamarne lo squillo . . . . . . . . . .
quando macchie d'aceto aspergono il mantello del barcaiolo allora la pergamena diventa acqua e la serpe diventa riva . . . . . . . . . .
lo sguardo misura la circonferenza della testa quando il cappello calza al limite delle ciglia . . . . . . . . . .
se satura la riviera allora la rena sommerge spuma e maestrale . . . . . . . . . .
potessimo annegare il vacuo irto dell'innaffiatoio allora il lembo della giuntura potrebbe irrigare i capillari degli ombrellai . . . . . . . . . .
al culmine del misfatto solo la mucosa può considerare il cavatappi alla stregua dell'uligine accarezzata in scherno alle bollicine . . . . . . . . . .
mentre piove la scimmia coltiva le melanzane sul sentiero impervio del languore . . . . . . . . . .
solo le tumultuose nebulose sanno aggrapparsi alle redini di fulmini ricciuti prima che la muffa interstellare le scolorisca . . . . . . . . . .
solo se il vetro fiammeggia sul sagrato estivo il brindisi può spolverare l'arsura del cavatappi . . . . . . . . . .
sollevatosi sul meriggio della gengiva il sorriso plana al culmine della carie . . . . . . . . . .
la farina del biscotto appanna il polpastrello dell'ingordo . . . . . . . . . .
se la mano nuda si distrae la caffettiera urla . . . . . . . . . .
con poco cibo si contempla l'impazienza degli affamati . . . . . . . . . .
non muoversi e galoppare muti ha un significato soddisfacente solo grazie alle briglie . . . . . . . . . .
il buco in fondo al grigio e i sassi in fondo al cemento si mescolano con lama e manico . . . . . . . . . .
quando vorrai sotterrarti con me insegnami grida e baci infetti . . . . . . . . . .
facendo incetta di zattere e gelsomini il ladruncolo nutre naufraghi e giardinieri . . . . . . . . . .
spaventato brandendo una forchetta offrire alla paura un argomento per scappare . . . . . . . . . .
il seme ha imprecato fino alla spiaggia mentre l'anguria si tuffava dall'alto della mareggiata . . . . . . . . . .
sonnambulo con un sassolino nella scarpa come se schiacciasse un pisolino . . . . . . . . . .
affacciato alla fiamma della muffa il soccorritore annebbia la candela che annaspa . . . . . . . . . .
il tabacco che arrostisce l'architrave giova alla premura del saccheggio e al filo di fumo della matassa . . . . . . . . . .
bisogna stare nel segreto come litanie destinate a corrispondenze nel cosmo . . . . . . . . . .
se il fabbro sudicio paga poco il ferro allora il ferro sporco insozza la tasca del fabbro . . . . . . . . . .
la candela ingobbita lacrima verso il santuario della discesa incurante che la pedalata incenerisce lo stoppino logoro . . . . . . . . . .
come fango su un viso imbronciato la tristezza percuote l'incapacità di lavarsi . . . . . . . . . .